Iraq: nuove minacce per gli interessi degli USA
Pubblicato il 23 luglio 2020 alle 8:47 in Iraq USA e Canada
Un convoglio di rifornimenti logistici, diretto verso truppe statunitensi, è stato bersaglio di un’esplosione nel Sud dell’Iraq. Si tratta del secondo episodio in meno di due settimane.
L’esplosione, provocata da dispositivi posti per strada, si è verificata il 22 luglio nel governatorato meridionale di Dhi Qar. In particolare, secondo quanto riferito da una fonte della sicurezza irachena, il convoglio, composto da camion con a bordo supporto logistico per le forze statunitensi, stava viaggiando sulla strada di al-Bathaa, nell’Ovest della città di Nassiriya, quando due dispositivi sono esplosi, causando danni materiali sia per i veicoli sia per il materiale trasportato. Tuttavia, non sono state riportate vittime.
Un altro episodio simile si è verificato l’11 luglio scorso quando due uomini, la cui identità è tuttora ignota, hanno sparato contro veicoli militari con a bordo rifornimenti di tipo logistico, sull’autostrada Samawah-Diwaniya, nel Sud dell’Iraq. Anche in questo caso, sono stati riportati solo danni materiali per tre dei veicoli, tra cui due autocisterne per carburante e un camion con a bordo un fuoristrada Hummer, che componevano il convoglio, anch’esso diretto verso una base militare statunitense.
Al momento, nessuno degli attentati è stato rivendicato. Tuttavia, gli incidenti si sono verificati in un momento in cui il primo ministro iracheno, Mustafa al-Kadhimi, sta provando a disinnescare le tensioni tra Washington e Teheran sul suolo iracheno. In particolare, il 21 luglio, il premier si è recato in visita ufficiale in Iran, dove ha incontrato il capo di Stato, Hassan Rouhani, e la guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei. È stato proprio quest’ultimo a sottolineare come la presenza USA in Iraq costituisca fonte di insicurezza, oltre che di “corruzione e distruzione”. Parallelamente, gruppi e partiti filo-iraniani, tra cui le cosiddette Brigate di Hezbollah, hanno più volte minacciato di colpire le truppe e gli interessi statunitensi in Iraq, a meno che Washington non decida di richiamare in patria i propri soldati.
Sin da ottobre 2019, sono circa 30 gli attacchi contro basi e strutture statunitensi in Iraq, che hanno portato Washington a minacciare una ritorsione contro le milizie irachene filoiraniane, con riferimento alle cosiddette Brigate di Hezbollah, ritenute responsabili di diversi attentati. La serie di attacchi si è verificata a cavallo di un episodio considerato l’apice delle tensioni tra Iran e Stati Uniti sul suolo iracheno, ovvero la morte del generale a capo della Quds Force, Qassem Soleimani, e del vice comandante delle Forze di Mobilitazione Popolare, Abu Mahdi al-Muhandis, uccisi il 3 gennaio scorso a seguito di un raid ordinato dal capo della Casa Bianca, Donald Trump, contro l’aeroporto internazionale di Baghdad.
Tale episodio, accanto ad altri verificatisi tra dicembre 2019 e gennaio 2020, erano stati considerati una forma di violazione della sovranità irachena da parte di Washington. Motivo per cui il Parlamento di Baghdad, il 5 gennaio, aveva proposto al governo di espellere tutte le forze straniere, e nello specifico statunitensi, dal Paese. Tuttavia, il 30 gennaio, l’esercito iracheno ha riferito che le operazioni con la coalizione contro lo Stato Islamico erano state riavviate.
È di fronte a tale scenario che, l’11 giugno scorso, Washington e Baghdad hanno tenuto il primo round di colloqui del cosiddetto “dialogo strategico”, promosso dal primo ministro iracheno al-Kadhimi. Il dialogo mira a definire il ruolo degli Stati Uniti nei territori iracheni e a discutere del futuro delle relazioni economiche, politiche e in materia di sicurezza tra i due Paesi, con il fine ultimo di creare una sorta di stabilità nell’asse Washington-Baghdad, e rafforzare i legami tra i due Paesi sulla base di interessi reciproci.
In una dichiarazione congiunta rilasciata a margine del primo meeting, Washington ha dichiarato che continuerà a ridurre il numero di soldati dalle basi irachene ed ha discusso con la controparte del ruolo futuro delle truppe che, invece, rimarranno nel Paese. A tal proposito, è stato sottolineato come gli USA non desiderano istituire basi permanenti né rimanere per sempre in Iraq. Da parte sua, Baghdad si è impegnata a salvaguardare le forze statunitensi che continuano e continueranno a sostare in Iraq e le loro basi e strutture, più volte bersagliate, presumibilmente da gruppi filo-iraniani.
Piera Laurenza, interprete di arabo
di Redazione