Kenya, coronavirus: il presidente si scusa per le violenze della polizia
Pubblicato il 2 aprile 2020 alle 16:57 in Africa Kenya
Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, si è detto rammaricato per l’uso sproporzionato della violenza da parte della polizia, dopo l’annuncio del coprifuoco notturno su tutto il Paese. Le forze dell’ordine sono state accusate di utilizzare metodi “pesanti”, come gas lacrimogeni, manganelli e proiettili di gomma, per far rispettare il coprifuoco, introdotto venerdì scorso e valido dal tramonto all’alba. La misura è stata adottata con l’obiettivo di mitigare la diffusione dell’epidemia di coronavirus, che, al momento, ha contagiato circa 81 persone. Si tratta, tuttavia, dei casi accertati. Gli esperti ritengono che il numero reale sia di gran lunga maggiore.
“Voglio scusarmi con tutti i kenioti per alcuni eccessi che sono stati commessi”, ha dichiarato il presidente Kenyatta, mercoledì primo aprile, a Nairobi. “Ma voglio assicurarvi che se lavoriamo insieme, se tutti comprendiamo che questo problema ha bisogno della collaborazione di tutti noi e se ci muoviamo nella stessa direzione, lo supereremo”, ha aggiunto.
La polizia, nel frattempo, ha avviato un’indagine sull’uccisione di un ragazzo di 13 anni che è morto, lunedì, nella capitale, dopo essere stato colpito da un proiettile sul balcone di casa mentre la polizia intimava a tutte le persone di entrare. Il padre della vittima, Hussein Moyo, ha riferito all’agenzia di stampa Agence France Presse che il proiettile l’ha colpito allo stomaco. “Questa operazione è stata pianificata nel modo sbagliato. La polizia è arriva urlando e la gente ha cominciato a correre spaventata. Gli agenti hanno picchiato e arrestato le persone e hanno cominciato a lanciare gas lacrimogeni anche contro le nostre case”, ha rivelato Moyo. “Durante il giorno stiamo combattendo il coronavirus, ma durante la notte dobbiamo affrontare i proiettili della polizia”, ha sottolineato.
Scontri sporadici sono stati segnalati anche nella città occidentale di Kisumu e nella città portuale di Mombasa, dove la scorsa settimana gli agenti hanno inseguito e picchiato i pendolari e sparato gas lacrimogeni.
Il coprifuoco è tra le misure che il Kenya ha adottato per rallentare la diffusione del coronavirus. Oltre a questo, le autorità hanno anche imposto la chiusura dei confini e quella delle scuole e hanno incoraggiato le persone a rimanere a casa e a evitare gli incontri. Non è stato ancora imposto un blocco, ma il presidente Kenyatta ha chiarito che non è esclusa l’adozione di misure più rigide. “Come governo ci stiamo preparando al peggio, ma, insieme ai 47 milioni di kenioti, speriamo e preghiamo di non dover adottare ulteriori misure”, ha affermato durante il suo discorso.
Con un totale di più di 6.400 casi accertati, e un numero presumibilmente altrettanto alto di casi non ufficializzati, gli analisti temono che l’Africa possa seguire presto una traiettoria simile a quella di molti Paesi europei, con la differenza che le strutture sanitarie nel continente africano avrebbero molta più difficoltà a fronteggiare una simile epidemia. Ciò che spaventa di più è l’inadeguatezza dei sistemi sanitari, la povertà diffusa, la porosità dei confini e l’insicurezza legata alla presenza di gruppi ribelli e organizzazioni terroristiche. Tutti insieme, questi fattori rischiano di aumentare notevolmente le possibilità di contagio e di aggravare la situazione di emergenza qualora il virus dovesse diffondersi in maniera incontrollata sull’intero continente. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Africa risulta mal equipaggiata per affrontare la minaccia e i governi devono cercare di fare di più per aumentare i controlli e identificare rapidamente i casi sospetti. La maggior parte dei sistemi sanitari risulta obsoleta e priva delle strutture necessarie a gestire casi di pandemia influenzale.
di Redazione