Coronavirus, Ecuador: Guayaquil diventa la “Wuhan latinoamericana”
Pubblicato il 2 aprile 2020 alle 12:24 in America Latina Ecuador
Guayaquil è la Wuhan dell’America Latina. Nella più grande città dell’Ecuador è stato rilevato il primo caso, importato dalla Spagna, e in poche settimane Guayaquil è diventata il principale focolaio del Paese, con il 70% dei 2.758 positivi, ed è il luogo dove sono state imposte misure più forti all’inizio dello stato di emergenza. Dopo due settimane di coprifuoco e sospensione della giornata lavorativa, prorogata fino al 5 aprile, Guayaquil è il prisma che rivela la disperazione della popolazione per la morte dei propri cari e l’incapacità delle autorità di agire in tempo. Secondo dati ufficiali, 98 persone sono morte in Ecuador, di cui almeno 60 a Guayas, la provincia il cui capoluogo è Guayaquil. Inoltre, ci sono altri 76 decessi che non possono essere confermati come collegati a Covid-19, perché i test non sono arrivati in tempo o non fornivano risposte definitive. Tuttavia, le autorità indicano Covid-19 come la probabile causa della morte.
Al 1 aprile, in tutta l’America Latina, solo lo stato di San Paolo, in Brasile, ha dati peggiori, con circa 2500 casi e 140 morti confermate. Sono tuttavia dati assoluti, perché se si considera che nello stato di San Paolo vivono 45 milioni di persone e nella provincia ecuadoregna di Guayas ne vivono 3,3 milioni, si capisce perché Guayaquil è al centro della preoccupazione degli esperti ed è diventata la “Wuhan latinoamericana”.
Inoltre, a contrastare le cifre ufficiali, vi è un’ondata di protesta sui social network da parte delle famiglie Guayaquil che hanno perso un familiare con sintomi quali tosse, febbre e insufficienza respiratoria ed hanno dovuto attendere per giorni che qualcuno rimuovesse i cadaveri. Fino a quattro giorni di attesa con il cadavere in casa, secondo alcune denunce. Altri hanno depositato i corpi dei familiari defunti sul marciapiede. Tutti concordano nel sostenere che nessuno è apparso a prenderli nonostante le ripetute chiamate al 911, il numero di emergenza. Numerose famiglie denunciano che coloro che sono morti in casa non sono inclusi nelle statistiche, in quanto nessun tampone è stato loro effettuato.
Il governo ecuadoriano, inizialmente riluttante a collegare questa situazione con l’impatto del virus nel Paese, ha finito per riconoscerlo e ha annunciato che presenterà un rapporto settimanale sui decessi. “In circostanze normali abbiamo 6.000 morti al mese nel Paese. A Guayaquil, a gennaio, abbiamo avuto 828 morti. In questo momento abbiamo lo stesso numero di morti, ma aggravato dalle circostanze” – spiega un portavoce del governo di Quito. Questi decessi non possono essere collegati al coronavirus se non vengono eseguiti i test. L’Ecuador, nonostante sia il secondo paese della regione in decessi dopo il Brasile e il terzo in infezioni dietro Brasile e Cile, è uno dei Paesi dove meno campioni sono stati presi: 9.019.Per fare un confronto, paesi come Panama, Costa Rica e Uruguay, hanno effettuato il triplo dei test. In Europa, la sola regione Calabria, in Italia, con 669 casi e 38 decessi, ne ha effettuati 9.983; la Regione di Murcia, in Spagna, con 714 casi e 15 morti ne ha effettuati poco meno di 9.500.
“Il test è l’unica cosa che conferma che le morti sono state causate da Covid-19. Avremo più dati quando arriveranno i test rapidi” – ha indicato il viceministro della Salute, Ernesto Carrasco per smorzare le polemiche. Mercoledì 1 aprile c’è stato un picco di casi confermati, 408 in più rispetto al giorno precedente.
I servizi di emergenza affermano di aver ricevuto molte più chiamate del solito in un giorno per raccogliere i corpi a casa: 40, hanno assicurato, rispetto alle 14 morti in casa che, in media, si verificano ogni giorno a Guayaquil. Più tardi, la polizia ha fornito un’approssimazione più ravvicinata delle dimensioni dell’impatto del coronavirus nella città più grande del Paese: 450 corpi nella lista di attesa da rimuovere, secondo quanto riferisce il quotidiano El Universo. Infine, il registro civile ha iniziato a registrare fino a cento certificati di morte al giorno con un picco molto più pronunciato all’inizio di questa settimana a Guayas. Ma tutte queste cifre, nonostante l’eccezionale aumento in così pochi giorni, non possono essere esclusivamente, accuratamente e ufficialmente correlate al coronavirus a causa della mancanza di diagnosi. Anche con le cifre ufficiali, tuttavia, la sola Guayaquil registra più casi di sette paesi della regione (Perù, Argentina, Colombia, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Venezuela).
Ciò che le statistiche e le denunce dei cittadini hanno generato è stata la reazione del governo. Innanzitutto, ha proposto di aprire uno spazio per le sepolture collettive. Si è parlato tra le autorità municipali di Guayaquil di una fossa comune che è stata infine riconsiderata per garantire tombe personalizzate. In secondo luogo, ai cimiteri è stato permesso di prolungare l’orario di lavoro fino alle cinque del pomeriggio, oltre il coprifuoco delle 14:00 per ridurre le file di attesa alle loro porte, e i fornitori di servizi funebri lavorano senza sosta. Inoltre, le forze armate si sono unite ai paramedici nel compito di raccogliere i defunti, sia naturali che sospetti di coronavirus, la burocrazia per le famiglie è stata snellita e sono stati assunti container refrigeranti per preservare i corpi che non possono essere trasportati negli ospedali per mancanza di spazi fino a quando non siano adeguatamente sepolti.
Italo Cosentino, interprete di spagnolo
di Redazione